Gli Xiu Xiu, ovvero arte del rumore e dell’emozione da tipo undici anni. Capitanati da uno straordinario Jamie Stewart e con il secondo incomodo variabile (ora la formazione sembra fissa con la coreana Angela Seo), gli Xiu Xiu hanno saputo proporre una formula musicale decisamente atipica, originale e devastante, riuscendo a reinventarsi album dopo album. Il nome del gruppo ha una valenza duplice: viene dal film cinese “Xiu Xiu- The Sent Down Girl” (1998) di Joan Chen, ma si riferisce anche al “detto” che le madri cinesi dicono ai loro bambini quando si feriscono, traducibile con “Ahi! Ahi!”. Questo conferma la duplice ossessione di Jamie Stewart, cantautore sensibile e fuori dagli schemi: la rivoluzione e l’infanzia, con una particolare attenzione al tema delicato dell’abuso sessuale e del trauma psicologico.
Knife Play (2001)
Esordio fulminante e stravolgente. Un disco che esplode in ogni sua traccia, eliminando i momenti morti e puntando sempre sulle emozioni. Rabbia, malessere, disagio, euforia scorrono con tensione, canzone dopo canzone, giocando sulle dissonanze e su ritornelli obliqui, sghembi, scomposti. è un disco indimenticabile, tra la splendida “Suha“, apice del disco, il collasso nervoso di “Homonculus“, la lunga coda musicale di “Poe Poe“, ma soprattutto l’incantesimo di “Hives Hives“, dolorosissima ballad urlata sull’AIDS. è uno di quei dischi che rimane dentro, marchiando la carne con il fuoco, leccando le ferite per poi dilaniarle con il sale.
DA NON PERDERE: Suha, I Broke Up, Homonculus, Hives Hives
A Promise (2003)
Altro disco, altro capolavoro, “A promise” si discosta dal precedente, pur riprendendone le basi, scarnificando sempre più la forma canzone verso infernali discese sonore ed esplosioni di emotività deviata. C’è una cruda ballad in apertura, “Sad Pony Guerrilla Girl“, che prende il cuore e lo divora a morsi, c’è una canzone rivoluzionaria e stravolta come “Apistat Commander” e c’è un collasso rock disturbato come “Blacks“, urlo delirante sul terrore e l’accettazione della morte, con quel riff di chitarre tremendamente orecchiabile e trascinante. Ma soprattutto, c’è “Ian Curtis Wishlist“, vero e proprio testamento del gruppo, dissonante, splendido, sepolcrale, con quell’urlo gettato nelle tenebre: “DO YOU LOVE ME, JAMIE STEWART?”. Imperdibile.
DA NON PERDERE: Ian Curtis Wishlist, Apistat Commander, Sad Pony Guerrilla GIrl, Pink City, Blacks
Fabulous Muscles (2004)
E tre. Miracolo dell’esasperazione musicale in ogni suo fascino malinconico e arrabbiato, è un disco che trova il suo cuore nel massacro dell’innocenza della title-track, forse la canzone con il testo più disturbante di sempre, ma che contiene una vena poetica destinata a commuovere. Scavare sotto la merda della società per cogliere le rose. Ma tutto il disco è l’ennesimo miracolo: le vertigini di “I Luv The Valley Oh”, il pezzo più famoso del gruppo, l’opening struggente di “Crank Heart” , la sessualità inconscia di una bomba come “Brian The Vampire”, la dichiarazione di amore e di sesso di “bunny Gamer”…Grande disco.
DA NON PERDERE: I Luv THe Valley Oh, Crank Heart, Bunny Gamer, Fabulous Muscles, Brian The Vampire
Fag Patrol (2004)
Al furto delle attrezzature elettroniche subito durante il tour mondiale, Jamie Stewart reagisce con un album completamente acustico: rabbioso, devastante, ma molto, molto fragile, in grado di pugnalare lentamente il cuore. Apice del disco, la straniante “Jennifer Lopez”.
DA NON PERDERE: Jennifer Lopez
La Foret (2005)
Il loro disco di più difficile ascolto. Complessa esaltazione dell’urlo, del dolore, del rumore. è un viaggio apocalittico di non facile comprensione, ma quando ci si immerge, è l’apocalisse. La canzone sbilenca anti-pop non manca, “Muppet Face”, ma è l’urlo agghiacciante di “Saturn” ad essere veramente toccante.
DA NON PERDERE: Bog People, Muppet Face, Saturn, Mousey Toy, Ale
The Air Force (2006)
Dopo la sperimentazione totale di “La Foret”, una svolta inaspettata verso la forma canzone. Non si tratta di pop: i vertici rabbiosi e sperimentali tipici del frontman si sentono ancora, ma l’atteggiamento è più controllato e ascoltabile anche da orecchie meno esperte. Nel marasma trascinante di un capolavoro come “Bishop, CA” o nelle disturbanti ellissi di archi del singolo “Boy Soprano“, non mancano una ballad efficace e straordinaria come “The Fox And The Rabbit” e un orecchiabilissimo pezzo pop come “Save Me” . Splendido
DA NON PERDERE: Boy Soprano, Bishop CA, Vulture Piano, Save Me, The Fox And The Rabbit, Buzz Saw
Women As Lovers (2008)
Si apre inaspettatamente calmo “Women As Lovers”, con un pezzo meraviglioso come “I Do What I Want When I Want”, scelta come primo singolo, cauta e lenta preghiera di carne e muscoli, prima che si aprano i cori allegri di una voce femminile e gli schizzi di sax. Ma è solo l’inizio. C’è veramente di tutto qui, e l’ispirazione è altissima: da una cover di “Under Pressure” dei Queen, che prima segue l’originale perfettamente e poi la distrugge, alla marcia elettronica di “Child At Arms“, passando per l’anthem rock “White Nerd” , il noise di “In Lust You Can Hear The Axe Fall” e la filastrocca rumorosa di “You Are Pregnant, You Are Dead“.
DA NON PERDERE: FTW, I Do What I Want When I Want, You Are Pregnant You Are Dead
Dear God, I Hate Myself (2010)
Disco perfetto in ogni sua forma. Un ritorno che spezza le aspettative eclettiche di “Women As Lovers”, per mettere sullo stesso piano la forma canzone di “The Air Force” e le dissonanze soniche dei primi lavori. C’è un ritornello che ti si appiccica in testa (“Gray Death”), canzoni devastanti che si possono cantare sotto la doccia (la title-track), i sommessi psicodrammi (“Hyunhye’s Theme”) e persino una canzone d’amicizia ,che incita alla cancellazione del dolore (“This Too Shall Pass Away“). Ma la perla di questo lavoro è il capolavoro assoluto “Impossible Feeling”, dolorosissimo passo di valzer su violoncello e rumorismi, che culla al sonno, ma ti porta incubi
DA NON PERDERE: Impossible Feeling, Chocolate Makes You Happy, The Fabrizio Palumbo Retailation, Gray Death, Hyunhye’s Theme, This Too Shall Pass Away, Apple For A Brain, Dear God I Hate Myself
Always (2012)
Un ritorno con i fiocchi che, seppur esente da canzoni rivoluzionarie come “Apistat Commander”, impressiona nel suo continuo evolvere, che recupera l’eccletismo di “Women As Lovers”, contestualizzandolo maggiormente. C’è un singolo-bomba come “Hi”, potentissimo anthem dal testo splendido, un duetto graffiante come “Smear The Queen“, la rabbia repressa e sessuale di “Factory Girl” e ” I Luv Abortion“, per poi sconvolgerti con il pop obliquo ci “Chimney’s Afire” e “Joey’s Song” e con ballad che, quasi, strappano lacrime (“The Oldness“, “Honeysuckle“). In chiusura, l’ennesimo pezzo più sperimentale e struggente: “Black Drum Machine”
DA NON PERDERE: Hi, Chimney’s Afire, Joey’s Song, Beauty Towne, Black Drum Machine
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