Archivio | febbraio, 2012

Otto canzoni per salutare il 19/02/2012.

19 Feb

1. Uffie– First Love

Sanno di fiori di ciliegio appena sbocciati e di risvegli mattutini fracassati dai brillii lontani del sole, questi squarci e luccichii di pura nostalgia eighties. Uffie è  una viziata ragazzetta stonata dei nostri giorni distrutti dall’incomunicabilità, che riesce ancora a cantare del primo amore e a convincerci.

2. Peaches– Mud

Carnale, sbilenco e soffocante orgasmo sporco, spinto dalle ritmiche allucinanti terrose, fatte di sangue, ossa e sospiri. Bomba ad orologeria buttata contro le anime di vetro. E fa muovere il culo.

3. Totally Enormous Extinct Dinosaurs – Tapes Money 

Coloratissima e caleidoscopica visione della morte di un tramonto, dipinto sul viso di un ragazzo che quando gorgheggia pare annoiato dalle luci stroboscopiche che gli corrono tutte intorno. E furie di LSD . E sospiri di innocenza deviata. Biglietto per l’estasi e non ritorno. Circuiti dance. Vorticosi salti nel vuoto e più niente.

4. Active Child – High Priestess (CFCF Remix)

Musica da carillon abbandonato impolverato in soffitta e piccoli minimalismi elettronici di vulcani in erezioni. Una Maria Callas al maschile che gorgheggia. E tanta lava che scorre. Te la vedi davanti. In tutto quel grigio.

5. Youth Lagoon– Afternoon

Perchè quel fischiettio di tastiere e illusioni sonore, quella voce così puerile da disperdersi nel quasi-rumore/quasi-soffuso e quel gentile battito di batteria sono troppo belle per poter finire così presto. Causa dipendenza.

6. How To Dress Well – Ready For The World

Pare un vinile impolverato di musiche voodoo e mette ansia, però, poi ti accorgi che potrebbe anche essere una canzone d’amore e ti scioglie. Poi scopri che potresti anche ballarci sopra, molto lentamente e con tanto fumo di sigaretta tutt’intorno, e allora non ci capisci più un cazzo. Ma ti piace, eccome se ti piace.

7. Balam Acab – Apart

Ti perdi nel crepuscolo e non sai dove sei. Arriva una voce infantile e ti fa vedere la luce. No, è solo un’illusione. E torni a perderti, così va a finire che la riascolti per ritrovare il sentiero di casa e non ce la fai.

8. Uochi Toki– Gettandomi In Ambigue Immedesimazioni Richieste, Ma Non Richieste

Ovvero l’apice orgasmico della poesia sonora, della narrativa musicale e della magia che ci spinge a seguire il vorticoso e crepuscolare amplesso di violoncelli ed elettronica. è come se papà ti raccontasse la storia della buonanotte, una storia carinissima ma che finisce in tragedia. E finisce l’infanzia.

“Babel” di Alejandro Gonzales Inarritu

11 Feb

Un incantevole e crudele dramma che lega tre nazioni lontane nel mondo, un dramma che prende piede da un atto infantile di due ragazzini che vorrebbero diventare adulti. Ma il film parla proprio di questo: la ragazza giapponese che soffre del suo handicap e vede attorno sé la scoperta della sessualità dei suoi coetanei che vorrebbe provare, l’enfant terrible messicano che fa il duro, ma poi abbandona i suoi cari per scappare e i turisti americani che pensano prima a se stessi che a chi soffre davvero. è un film duro, ma anche vero, reale, sanguigno, che riesce a ridestare un minimo di speranza in un finale bellissimo e sofferto.

Ha degli attori straordinari (Rinko Kikuchi, Koji Yakusho, Gael Garcia Bernal, Adriana Barraza) e un pathos emotivo invidiabile, che trova il suo apice nella storia giapponese, sicuramente la più sofferta e bella: la bella e giovane Chieko viene ritratta nella sua disperata e triste scoperta della vita. Dura, fredda e disturbata, apre le gambe mostrando il suo segreto al mondo esterno, con estrema disinvoltura, ma con l’idea di raggiungere un vero rapporto umano. Quando si lascia sorprendere totalmente nuda dal padre, si raggiunge un apice di poesia estrema.

Un film che unisce e divide il mondo e i suoi esseri umani, tutti verso l’autodistruzione e la redenzione. Livido, a tratti isterico, altre volte silenziosissimo, con dei momenti registici straordinari (la scena nella discoteca di Tokyo, con l’audio forte della musica che, a scatti, sparisce, costringendoci alla sordità di Chieko).

Come un proiettile alla tempia, “Babel” resta dentro.