Archivio | gennaio, 2012

Tre miei corti e il loro senso deviato.

26 Gen

Simbiosi


“Simbiosi” è una riflessione sull’impossibilità della coppia e dell’incomunicabilità tra i sessi. Lui, deluso da un comportamento non specificato di lei, decide di rinchiuderla in un televisione, condannandola all’ergastolo. La televisione è il simbolo della finzione e della bidimensionalità, quindi lei, ormai fasulla, ha perso la sua profondità umana ed è condannata a vivere da oggetto. Afflitto e ossessionato dal pianto di lei che, disperata, vorrebbe essere perdonata, lui decide di trasformarsi in un oggetto per spegnersi e dormire tranquillo. Questo, però, avendo abbandonato la profondità umana, lo porta a reintegrarsi con lei nel televisore.

BIANCO E NERO/COLORE: Il colore è usato per le soggettive degli esseri umani, il bianco e nero per le soggettive degli oggetti, che non hanno la profondità umana.

IL CINESE: Il film è recitato in cinese poichè già nel rapporto di coppia c’è un linguaggio incomprensibile, per gli altri (gli esterni che urlano parole in italiano, nella scena della finestra) diventa persino una lingua completamente diversa.

I GESTI: L’incomunicabilità e l’incomprensione tra i sessi vengono esasperati nel gesto in cui lui guarda lei nella televisione, come se fosse un film. Lei piange mentre fuma, lui non fuma, ma ha una sigaretta accesa, abbandonata nel posacenere. Fa, cioè, l’esatto contrario di ciò che fa lei. Quando l’incomprensione raggiunge il culmine, non si può che spegnere il televisore.

IL TELEVISORE: Simbolo della finzione, del dolore e dei problemi della coppia.

LA LUCE: I momenti di gioia, i ricordi felici e l’amore della coppia.

LA FINESTRA: I momenti di stasi della coppia, tra la gioia e il dolore e il rapporto della coppia con il mondo esterno.

LA STANZA: nel film, la stanza che c’è, ma non si vede è la loro storia d’amore. Niente di concreto o fisico: la loro love story è il tema principale del film, ma, inquadrati in due diverse prospettive, non vengono MAI mostrati insieme.

LO SFALSAMENTO DEL FORMATO: Il Film è girato in 4:3. Quando il formato cambia e diventa 16:9 si esaspera lo schiacciamento emotivo della rottura di una storia d’amore.

White WIllow, White Whore


Una ragazza viene pagata per piangere ai funerali. Intervistata per il suo successo, si rende conto di essere una prostituta, poichè incapace di piangere al funerale di sua sorella morta: non è stata pagata. Quando, finalmente, la protagonista scopre qualcosa su se stessa, raggiunge l’orgasmo. Ma è un orgasmo amaro, che si conclude con le lacrime per il funerale della sua stessa anima.

IL LUTTO COME ECCITANTE SESSUALE: L’essere umano, per sua natura, si eccita di fronte alla sofferenza altrui, quando non gli riguarda. Il piangere ai funerali di sconosciuti può sembrare un gesto di gratitudine nei confronti di quegli emarginati che non hanno nessuno che possa salutarli nel momento della dipartita, diventa un perverso metodo di prostituzione: la donna viene pagata per offrire una prestazione sessuale senza amplesso.

IL MOVIMENTO DI MACCHINA: DUrante l’intervista, la cinepresa compie lo stesso identico movimento che si interrompe sempre nello stesso punto: sembra formare un cerchio attorno ai due personaggi che si interrompe sempre, perchè la protagonista ha una visione limitata delle cose, basandosi solo sul lavoro e sull’espressione del proprio corpo.

IL VISO: Il viso è una trappola e non viene mai mostrato. Il film si basa sul binomio essere/apparire, con la recitazione che mai esprime i veri sentimenti dell’essere umano. Per questo motivo la sorella della donna si suicida, sparandosi alla testa e, quindi, tumefacendo il suo volto: non voleva che gli altri vedessero la sua espressione di dolore. Il dolore è personale, non universale.

IL GIORNALISTA: Il giornalista è distaccato perchè è una seconda puttana. Distaccato dal mondo esterno e dal suo dolore, pensa solo al suo lavoro. Impacciato, timido, eppure tremendamente meccanico

LO SCHIUDERSI DEL FIORE: Il fiore, dalla chiara forma vaginale, che si schiude è il simbolo dell’orgasmo femminile.

LA NUDITA’: La ragazza, prima vestita e poi nuda, esprime la sua apertura, il mettere a nudo, per una volta, le sue emozioni e il legame con la sessualità che viene espressa.

Rigor Mortis


Un uomo, a cui è morta sua sorella, finisce al capolinea dopo essersi addormentato sul treno. Incontra il suo ex, un feticista dei piedi che si è innamorato follemente di un monco. Quando il protagonista capisce che l’attaccamento a cose superficiali, è inutile, immagina che la sorella gli stia leccando il piede, scatenando in lui un deviato orgasmo, che collega il mondo dei morti e del ricordo (il bianco e nero) e la vita (il colore).

LA SOTTOMISSIONE: è un film sulla sottomissione. Lui è sottomesso alla vita, il feticista al sesso, la suicida alla morte e la migliore amica della suicida al ricordo ossessivo del passato.

FETICISMO DEI PIEDI E SADOMASOCHISMO: Il mezzo attraverso il quale si annienta l’identità, sull’orlo della morte dell’anima.

IL PIEDE CALZO E IL PIEDE SCALZO: Ovvero, la vita e la morte. Lo stare in mezzo quando si trova l’equilibrio con l’esistenza.

LO SFALSAMENTO DEL FORMATO: Il film è girato in 16:9, ma diventa in 4:3 quando c’è il momento di passaggio dalla mediocrità della vita all’illuminazione sul senso della vita

L’ENTRATA A SINISTRA: Il protagonista e il feticista dei piedi arrivano dallo stesso punto, in stazione, perchè vengono entrambi dallo stesso treno, ovvero la storia d’amore che giunge al capolinea, la morte del loro rapporto.

BIANCO E NERO: La volontà di eliminare l’illuminazione su ciò che sta intorno.

COLORE: La scoperta di ciò che sta fuori la mediocrità dell’esistenza superficiale.

IL TERRORE DEL SILENZIO: Per eliminare il peso della morte, sono stati eliminati tutti i momenti di pausa e sospensione, lasciando spazio al dialogo, spesso inutile e banale, per il terrore del vuoto, riempendolo con superficialità.

IL MONCO: è l’emblema della scoperta dell’amore vero.

Xiu Xiu: Retrospettiva. “All That You Left, You Left For Someone”

25 Gen

Gli Xiu Xiu, ovvero arte del rumore e dell’emozione da tipo undici anni. Capitanati da uno straordinario Jamie Stewart e con il secondo incomodo variabile (ora la formazione sembra fissa con la coreana Angela Seo), gli Xiu Xiu hanno saputo proporre una formula musicale decisamente atipica, originale e devastante, riuscendo a reinventarsi album dopo album. Il nome del gruppo ha una valenza duplice: viene dal film cinese “Xiu Xiu- The Sent Down Girl” (1998) di Joan Chen, ma si riferisce anche al “detto” che le madri cinesi dicono ai loro bambini quando si feriscono, traducibile con “Ahi! Ahi!”. Questo conferma la duplice ossessione di Jamie Stewart, cantautore sensibile e fuori dagli schemi: la rivoluzione e l’infanzia, con una particolare attenzione al tema delicato dell’abuso sessuale e del trauma psicologico.

Knife Play (2001)

Esordio fulminante e stravolgente. Un disco che esplode in ogni sua traccia, eliminando i momenti morti e puntando sempre sulle emozioni. Rabbia, malessere, disagio, euforia scorrono con tensione, canzone dopo canzone, giocando sulle dissonanze e su ritornelli obliqui, sghembi, scomposti. è un disco indimenticabile, tra la splendida “Suha“, apice del disco, il collasso nervoso di “Homonculus“, la lunga coda musicale di “Poe Poe“, ma soprattutto l’incantesimo di “Hives Hives“, dolorosissima ballad urlata sull’AIDS. è uno di quei dischi che rimane dentro, marchiando la carne con il fuoco, leccando le ferite per poi dilaniarle con il sale.
DA NON PERDERE: Suha, I Broke Up, Homonculus, Hives Hives

A Promise (2003)
Altro disco, altro capolavoro, “A promise” si discosta dal precedente, pur riprendendone le basi, scarnificando sempre più la forma canzone verso infernali discese sonore ed esplosioni di emotività deviata. C’è una cruda ballad in apertura, “Sad Pony Guerrilla Girl“, che prende il cuore e lo divora a morsi, c’è una canzone rivoluzionaria e stravolta come “Apistat Commander” e c’è un collasso rock disturbato come “Blacks“, urlo delirante sul terrore e l’accettazione della morte, con quel riff di chitarre tremendamente orecchiabile e trascinante. Ma soprattutto, c’è “Ian Curtis Wishlist“, vero e proprio testamento del gruppo, dissonante, splendido, sepolcrale, con quell’urlo gettato nelle tenebre: “DO YOU LOVE ME, JAMIE STEWART?”. Imperdibile.

DA NON PERDERE: Ian Curtis Wishlist, Apistat Commander, Sad Pony Guerrilla GIrl, Pink City, Blacks

Fabulous Muscles (2004)


E tre. Miracolo dell’esasperazione musicale in ogni suo fascino malinconico e arrabbiato, è un disco che trova il suo cuore nel massacro dell’innocenza della title-track, forse la canzone con il testo più disturbante di sempre, ma che contiene una vena poetica destinata a commuovere. Scavare sotto la merda della società per cogliere le rose. Ma tutto il disco è l’ennesimo miracolo: le vertigini di “I Luv The Valley Oh”, il pezzo più famoso del gruppo, l’opening struggente di “Crank Heart” , la sessualità inconscia di una bomba come “Brian The Vampire”, la dichiarazione di amore e di sesso di “bunny Gamer”…Grande disco.
DA NON PERDERE: I Luv THe Valley Oh, Crank Heart, Bunny Gamer, Fabulous Muscles, Brian The Vampire

Fag Patrol (2004)
Al furto delle attrezzature elettroniche subito durante il tour mondiale, Jamie Stewart reagisce con un album completamente acustico: rabbioso, devastante, ma molto, molto fragile, in grado di pugnalare lentamente il cuore. Apice del disco, la straniante “Jennifer Lopez”.
DA NON PERDERE: Jennifer Lopez


La Foret (2005)
Il loro disco di più difficile ascolto. Complessa esaltazione dell’urlo, del dolore, del rumore. è un viaggio apocalittico di non facile comprensione, ma quando ci si immerge, è l’apocalisse. La canzone sbilenca anti-pop non manca, “Muppet Face”, ma è l’urlo agghiacciante di “Saturn” ad essere veramente toccante.
DA NON PERDERE: Bog People, Muppet Face, Saturn, Mousey Toy, Ale


The Air Force (2006)
Dopo la sperimentazione totale di “La Foret”, una svolta inaspettata verso la forma canzone. Non si tratta di pop: i vertici rabbiosi e sperimentali tipici del frontman si sentono ancora, ma l’atteggiamento è più controllato e ascoltabile anche da orecchie meno esperte. Nel marasma trascinante di un capolavoro come “Bishop, CA” o nelle disturbanti ellissi di archi del singolo “Boy Soprano“, non mancano una ballad efficace e straordinaria come “The Fox And The Rabbit” e un orecchiabilissimo pezzo pop come “Save Me” . Splendido
DA NON PERDERE: Boy Soprano, Bishop CA, Vulture Piano, Save Me, The Fox And The Rabbit, Buzz Saw

Women As Lovers (2008)
Si apre inaspettatamente calmo “Women As Lovers”, con un pezzo meraviglioso come “I Do What I Want When I Want”, scelta come primo singolo, cauta e lenta preghiera di carne e muscoli, prima che si aprano i cori allegri di una voce femminile e gli schizzi di sax. Ma è solo l’inizio. C’è veramente di tutto qui, e l’ispirazione è altissima: da una cover di “Under Pressure” dei Queen, che prima segue l’originale perfettamente e poi la distrugge, alla marcia elettronica di “Child At Arms“, passando per l’anthem rock “White Nerd” , il noise di “In Lust You Can Hear The Axe Fall” e la filastrocca rumorosa di “You Are Pregnant, You Are Dead“.
DA NON PERDERE: FTW, I Do What I Want When I Want, You Are Pregnant You Are Dead


Dear God, I Hate Myself (2010)
Disco perfetto in ogni sua forma. Un ritorno che spezza le aspettative eclettiche di “Women As Lovers”, per mettere sullo stesso piano la forma canzone di “The Air Force” e le dissonanze soniche dei primi lavori. C’è un ritornello che ti si appiccica in testa (“Gray Death”), canzoni devastanti che si possono cantare sotto la doccia (la title-track), i sommessi psicodrammi (“Hyunhye’s Theme”) e persino una canzone d’amicizia ,che incita alla cancellazione del dolore (“This Too Shall Pass Away“). Ma la perla di questo lavoro è il capolavoro assoluto “Impossible Feeling”, dolorosissimo passo di valzer su violoncello e rumorismi, che culla al sonno, ma ti porta incubi
DA NON PERDERE: Impossible Feeling, Chocolate Makes You Happy, The Fabrizio Palumbo Retailation, Gray Death, Hyunhye’s Theme, This Too Shall Pass Away, Apple For A Brain, Dear God I Hate Myself


Always (2012)
Un ritorno con i fiocchi che, seppur esente da canzoni rivoluzionarie come “Apistat Commander”, impressiona nel suo continuo evolvere, che recupera l’eccletismo di “Women As Lovers”, contestualizzandolo maggiormente. C’è un singolo-bomba come “Hi”, potentissimo anthem dal testo splendido, un duetto graffiante come “Smear The Queen“, la rabbia repressa e sessuale di “Factory Girl” e ” I Luv Abortion“, per poi sconvolgerti con il pop obliquo ci “Chimney’s Afire” e “Joey’s Song” e con ballad che, quasi, strappano lacrime (“The Oldness“, “Honeysuckle“). In chiusura, l’ennesimo pezzo più sperimentale e struggente: “Black Drum Machine”
DA NON PERDERE: Hi, Chimney’s Afire, Joey’s Song, Beauty Towne, Black Drum Machine

Riflessione sulla simbiosi tra regista e opera.

23 Gen

Mai mostrare qualcosa di incompiuto, o potresti modificarne il giudizio finale degli altri. è una regola non scritta di ogni artista, pseudo-artista o di chiunque crea qualcosa nella sua vita. Io non la rispetto mai ed è uno dei miei più grandi difetti.
Il fatto è che mi sento come un padre che vuole gridare al mondo che sua moglie è incinta, anche se sa che la donna potrebbe abortire. è lo stesso procedimento che ti porta ad amare anche la più grossa schifezza uscita dalle tue mani, il film, la foto o il quadro che neanche un bambino di due anni avrebbe fatto. E gli dai un titolo, perchè è come chiamare un figlio, un figlio buzzurro e maleducato, oppure soddisfacente e ad immagine e somiglianza di ciò che è il figlio modello.

é qui che però nascono le controversie. Una mia sceneggiatura (che forse mai tradurrò in immagini, perchè nella mia testa è proprio come vorrei) per un lungometraggio chiamato “Patriotism”, su quattro storie incrociate di persone distrutte dalla crisi economica che si lasciano andare nelle proprie ossessioni e nell’autodistruzione, è finita sotto gli occhi sbagliati al momento sbagliato.
“Tu mi fai paura” è ciò che mi è stato detto.

é stato in questo momento che è partita una mia riflessione sul compito del regista (ma che vale anche per lo scrittore, ma anche con il pittore, il musicista e tutti i campi artistici) nei confronti del suo pubblico.
Perchè un regista che realizza un film sulle perversioni viene catalogato come perverso? Perchè, al contrario, un regista di film per bambini diventa una persona sensibile e un buon padre di famiglia?
Perchè un regista diventa automaticamente il film che crea. E se il film è efficace, se raggiunge il suo obiettivo di colpire, tutto ciò che c’è attorno all’opera si materializza in un essere umano. è per questo che un capolavoro Pasoliniano come “Salò” sia reputato da molti uno schifo per via dei suoi temi piuttosto forti.

Il vero regista è quello che, film dopo film, cambia indole, sesso, sessualità, età, anima e corpo. Il cinema è un esempio di body art astratta. Lavora sul corpo del creatore, come su quello del fruitore, che crede in tutto ciò che vede. Perchè un regista che può essere il migliore e più puro uomo del mondo, se facesse un film pornografico, verrebbe catalogato come “pervertito”. Questo conferma come tutto ciò che il cinema ci propone, che pur è pura finzione, venga completamente accettato da chi vede.
Ed è compito del regista essere interessante ed essere se stesso, staccarsi carne, muscoli e ossa e trasformarli in cellulosa.

Ci sono registi capaci di rendere interessante e avvincente un silenzio tra due persone sedute in un bar (Apichatpong Weerasethakul, Pen -Ek Ratanaruang, Tsai Ming-Liang, Aleksandr Sokurov), rendendola coinvolgente come la più spettacolare scena d’azione, come al contrario, ci sono registi che rendono barbosissimo un film di un mostro che attacca una città. L’importante è diventare l’opera, che può essere orrida quanto vuoi. Ma devi accettarla. Perchè è tua. E quando la offri al pubblico, è come quando registri tuo figlio all’anagrafe. Ha i tuoi stessi occhi, anche quando si infila troppo spesso le dita nel naso.

aperture di chakra inaspettate e un po’ vili.

20 Gen

Se esistessero dei negozi che vendano kit istantanei per suicidarsi senza morire, non ci sarebbe più una fila chilometrica per entrare da Abercrombie & Fitch e Hollister, o per farsi autografare l’ultimo bacio perugina di Fabio Volo.

Polvere e cenere  sui vinili che accompagnarono il mio concepimento.

Nel ventunesimo secolo, un insulto diverte, un abbraccio terrorizza.

20 Gen

Lugubre. Sterile. Asettico muro di un bagno femminile. Piastrelle bianche come la morte prima di marcire. Eccidio di empatia grondante di rivoli di insulti e urla che cola in quel groviglio tartan che separa una piastrella dall’altra.

Io voglio salvarti. Non importa se al telegiornale la tua vicina di casa dirà che sei sempre stata una persona riservata e cordiale, voglio che tu sia figlio della redenzione.
 Quanto a me, sono una casa con le pareti tinte di nero e un cuore in cantina, che di bruciare non ne vuole sapere.
Il giardino protetto dalla mia cassa toracica è da riempire.
 
Viviamo solo di coincidenze e silenzi accidentali. Apriti, o Sesamo, dacci un segno, disintegraci questa monotonia ascendente. Semina svolte, rompi le nostre righe. Nell’elegiaco silenzio di questa estasi, non cerco disgrazia. Forse arriva, forse no.

.sfogo senza scopo.

20 Gen

Gli schiaffi sotto il vischio. I cazzotti di San Valentino.
I miei abiti bianchi della comunione sporchi di sangue mestruale.

Concretizzatemi in un baratro,
mentre continuate a misurare le vostre proporzioni di successo e ambizione con la circonferenza del vostro cazzo.

L’ignoranza è come la SARS.
Troppo diffusa tutta quella merda.  

Album della settimana #2

15 Gen

Sin Fang Bous – Clangour
Psychedelic Folk

Folk sotto LSD, cori disincantati, squarci di tramonti infuocati e glitch. Mi piace.

Thank You – Terrible Two

Art-rock 

Potentissimo marasma verso gli inferi. E non ritorno.

Zola Jesus – Conatus
Art- Pop

Trasognata ed estatica.

Carla Bozulich – Evangelista

Low-Fi/Cantautorato Obliquo

Sepolcrale osservatrice di un universo sporco.

“The Day He Arrives” di Hong Sang-Soo

6 Gen
The Day He Arrives”.Lui la stringe ubriaco, lei urla e piange. Lui le dice: “Vieni qui, amore mio.” Lei gli dice: “Mi farai impazzire”, poi le parti si invertono e i due vengono invasi dal fumo di sigaretta. é il tenebroso e cinico sguardo di Hong Sang-Soo sul rapporto di coppia, impossibile da comprendere e come solo lui riesce a descrivere, scavando a fondo fino all’inconscio, dove la gente deve gridare sempre contro chi piange, perchè non può permetterselo, perchè non c’è un cuore tra loro. è l’orrore dell’amore, dell’incomunicabilità e della distruzione psicologica.

Un cinema che si ripete in continuazione ma che, parlando di vita, non riesce a stancare: perchè i suoi personaggi sono reali dispersi che affogano nell’alcol, in sigarette perennemente accese e rapporti sessuali senza amore. è l’inferno del cinema, ma anche della vita, raccontato con una leggerezza introvabile in altri autori. Filmone. E splendido l’uso del bianco e nero.